Percorsi di Ricerca

I percorsi di Ricerca sui quali lavoro sono cinque. Ne traccio una breve descrizione, disponendoli in ordine cronologico di nascita.

Il primo percorso riguarda l’estetica della rappresentazione audiovisiva. Dal 1994 ho cominciato a predisporre una serie di dispense che servivano a dare struttura teorica ai laboratori di produzione audiovisiva che andavo proponendo alle scuole e alle amministrazioni locali. Ho svolto attività laboratoriali a partire dalle scuole materne, fino agli studenti universitari e ai corsi di aggiornamento per gli insegnanti, ma i principi essenziali del linguaggio rimanevano fondamentalmente gli stessi.

Gli elementi costitutivi di questo percorso sono la descrizione del funzionamento del comunicato audiovisivo, sia di produzione cinematografica sia televisiva, senza alcuna distinzione; la definizione del concetto di immaginario; l’approfondimento sui rischi della Società dello Spettacolo.

Le modalità estetiche di rappresentazione della realtà per mezzo del linguaggio audiovisivo sono state indagate attraverso la pubblicazione di Ombre, (uscito nel 2004 per Aitnaion, editore di Catania che stampava il settimanale «Kino»), Eiga (Bonanno Editore, 2008), La regola di Korim (SCRIMM, 2014), Sequenze (Bonanno, 2009) e i primi due capitoli di Apocalypse When? (Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, 2013); a questi volumi, si aggiungono anche alcuni saggi come Phantasmata: ovvero il vuoto tra le cose e le figure delle cose (in «Le forme e la Storia», Rubbettino, 2007), L’immaginario tra cinema e tv (in R. Sardo, M. Centorrino, Dall’antenna alla parabola, Bonanno, 2007) e Vedere guardare inquadrare scattare ricordare scrivere (in A. Di Giovanni, Io e gli altri, A&B Editrice, 2009).

Il secondo percorso di ricerca è legato all’approfondimento del documentario siciliano dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Settanta.

Le tre figure di riferimento sono Ugo Saitta, Francesco Alliata di Villafranca e Vittorio De Seta. Gli scritti dedicati a questo argomento sono due monografie correlate, Ugo Saitta, cineoperatore (Bonanno, 2012) e Ugo Saitta, un album di ricordi (Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, 2012); e i saggi Il cinema documentario di Alliata e De Seta (in S. Gesù, La Sicilia tra schermo e storia, Maimone, 2008), Mare, terra, fuoco (in «I Quaderni del CSCI», Barcelona, 2009), Il documentario siciliano come fonte di ricerca storica (in «Centro Studi Cinematografici», Roma, 2010), Catania in Wonderland (in G. Giarrizzo, Catania: la città moderna, la città contemporanea, Domenico Sanfilippo Editore, 2012).

Il terzo percorso di ricerca è dedicato alle trasformazioni dell’immaginario cinematografico e televisivo dell’Occidente dopo la tragedia dell’11 settembre.

In ambito cinematografico, secondo l’analisi compiuta con il volume Idioteque (Bonanno, 2011), la rappresentazione del trauma condiviso degli attacchi terroristici adotta varie formule tra loro correlate. La prima è quella che si riferisce direttamente agli attentati – come United 93 di Paul Greengrass o WTC di Oliver Stone, solo per fare qualche esempio – o alle azioni militari che ne sono scaturite, in Afghanistan prima e in Iraq due anni dopo. Quella che George W. Bush definì Global War on Terror produce un numero impressionante di film, qui mi limiterò a segnalare Redacted di Brian De Palma e The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, i quali mettono in evidenza la crisi psicologica e morale attraversata dai soldati statunitensi nei dieci anni ininterrotti di guerra. Ma la formula più interessante, in termini di immaginario, è quella delle maschere del terrore, che prevede una rappresentazione metaforica delle cellule terroristiche attraverso i cosiddetti “miti a bassa intensità” (la felice definizione è di Peppino Ortoleva), cioè i vampiri, gli zombie, gli alieni e gli androidi. I mostri non umani diventano metafore di un’Alterità nemica e disumana.

Appartiene a questo percorso di ricerca, dedicato all’11 settembre, anche il saggio L’Événement (in A. De Filippo, Alter Ego, Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, 2012), che mette in evidenza le motivazioni della discrepanza tra il numero di fonti fotografiche che rappresentano l’attacco alle Twin Towers e il numero esiguo di fotografie pubblicate da oltre 400 testate giornalistiche in tutto il mondo. È proprio questa smania di controllo dell’informazione a mettere in luce un’ossessiva determinazione dell’immaginario.

Il terzo capitolo di Apocalypse When? analizza una decina di serial televisivi, all’interno dei quali viene rappresentata la pratica della tortura. Partendo dallo scandalo delle fotografie di Abou Ghraïb, si mettono in luce le analogie con l’immaginario BDSM della Kink.com. L’elaborazione del lutto che è succeduta all’11 settembre mostra così di aver investito anche il medium televisivo, con le sue narrazioni estese tanto amate dal pubblico.

Il volume Walkers and Biters (Euno Edizioni, 2015) riporta la presenza, nella serie televisiva The Walking Dead, dei medesimi modelli narrativi già analizzati in Idioteque. La rappresentazione dello zombie è forse quella più riuscita per mettere in luce il terrore nei confronti dell’Alterità.

Il quarto percorso si intitola I.M.IDE. ed è un acronimo che dà il nome a questo sito e battezza in qualche modo tutta la mia ricerca. Se lo sciogliamo, questo acronimo, significa inquadrare l’Immaginario, rievocare la Memoria, negoziare l’IDEntità. Il progetto prevede di incrociare i dati di tre diverse tipologie di archivio audiovisivo: la prima è quella degli archivi istituzionali, come la Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, l’Istituto Luce e la Cineteca di Bologna; la seconda tipologia è quella degli archivi del cinema d’impresa, come l’Archivio Storico dell’Eni di Pomezia o l’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea; la terza è quella del cinema amatoriale, come l’Archivio Nazionale del Film di Famiglia di Bologna. Il cinema classico, a soggetto, frutto di una produzione professionale, distribuito nelle sale cinematografiche di tutta Italia incrocia il suo sguardo con i documentari di propaganda del Luce, si confronta con la promozione delle imprese economiche del territorio, impatta sulle rappresentazioni amatoriali degli eventi delle singole famiglie, viaggi, cerimonie, eventi straordinari. Questo cinema polimorfo, in cerca dei suoi pubblici e dei suoi studiosi, reagisce chimicamente con la storia contemporanea, con la sociologia, con l’antropologia e perfino con l’urbanistica – per la sua capacità naturale di raccontare le trasformazioni della città –, oltre che naturalmente con la critica cinematografica. Il percorso prevede un approfondimento specifico su Gela e la scoperta del petrolio nel 1956, ad opera dell’Eni di Enrico Mattei. Un primo passo in questa direzione è rappresentato dalla pubblicazione del volume Per una speranza affamata (Kaplan, 2016), che dà conto della narrazione audiovisiva costruita ad arte dall'Eni in quegli anni di robusti investimenti, tenendo ben presente il contesto documentario parallelamente rappresentato dall'Istituto Luce. Da qui, si intende procedere con un percorso triennale, che prevede una raccolta sul territorio della piana di Gela di pellicole amatoriali girate dalle famiglie negli anni del sogno industriale, da incrociare come verifica e contrappunto con i documentari già analizzati in questa prima monografia. Si prevedono, inoltre, dei laboratori nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, per costruire un processo di negoziazione dell’identità.

Negli ultimi anni ho riversato tutte le energie su temi di ambito sociale.

Così è nata (sta nascendo, in effetti, perché uscirà a giugno 2022) il volume Propaganda Lampedusa. Immaginario audiovisivo e narrazioni ideologiche (Euno Editore, 2022). «Lampedusa viene perfettamente identificata con il tema dei migranti. Riconoscibile come
primo approdo, è diventata un passepartout del discorso politico, una rete di significanti che genera innumerevoli spin-off, sottotrame varianti rispetto al main-plot ormai accettato, acclarato, riconosciuto da tutti in maniera acritica, dai telespettatori, dai lettori dei giornali,
dagli intellettuali, dagli artisti. Che si decida di stare dalla parte dell’accoglienza o da quella dei respingimenti, Lampedusa diventa un set per la rappresentazione audiovisiva. La dialettica viene cancellata e i conflitti interni a ogni narrazione sono rimossi, perché si
rinuncia a qualsiasi forma di complessità di lettura e di analisi. Lampedusa smette di essere un luogo reale, abitato da persone reali, con bisogni, aspirazioni, paure reali. Diventa invece il campo di battaglia delle narrazioni ideologiche» (dalla quarta di copertina).

Probabilmente il prossimo libro sarà un testo di immagini fotografiche e brevi testi dedicati ai due viaggi in Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo, tra la fine del 2018 e l'estate del 2021. L'idea è quella di sgretolare, anche in questo caso, gli stereotipi che l'Occidente ha edificato e consolidato sull'Africa.