Iniziative culturali

Sentirsi ricercatore vuol dire fare ricerca. E questo è ovvio, oltre a essere tautologico. Dichiararsi ricercatore significa intrecciare la ricerca alla didattica. Nutrire l'una dell'altra, depredare spesso le energie dell'una riversandole sull'altra, mettere alla prova le teorie con le pratiche e immaginare, tracciare, architettare dalle pratiche, le teorie. Ma c'è dell'altro. La società chiede al ricercatore anche un altro tipo di impegno, sul territorio: si chiama Terza Missione.

Sharing Congo

Un racconto condiviso

Sharing Congo è un progetto di comunicazione delle attività svolte dalle associazioni Waibrahimo e Wartoy nella regione del Kivu, in Repubblica Democratica del Congo. Ma è prima di tutto un racconto sentimentale, mediato da fotografie, video e parole pronunciate a braccio, imperfette, imprecise. Non un testo compiuto e conchiuso, quindi, non una performance espressiva. È invece una narrazione in cui le parole vanno cercate di volta in volta, in maniera spontanea, semplice, libera. Perché abbiamo la libertà di dire le cose, di provare a raccontarle e a mostrarle con le immagini raccolte lungo il cammino. Abbiamo il dovere di condividere ciò che abbiamo visto e sentito, di testimoniare ciò a cui abbiamo assistito.

#1 DISUM, Università degli Studi di Catania, 27 maggio 2019

#2 Villa Di Bella, Viagrande (CT), 2 agosto 2019

#3 Cinemino Polifemo, Marina di Ragusa (RG), 20 agosto 2019

#4 Ressegna Prospettive2, Trame di Quartiere di Catania, 12 ottobre 2019

#5 Convegno Migrazioni. Incontri tra lingue, letterature, arti, storia e politica, Università degli Studi di Catania, 17 ottobre 2019

#6 Vittoria Peace Festival (RG), 11 dicembre 2019

#7 Nessuno è straniero, Sistema di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) e Diaconia Valdese di Vittoria (RG), 23 dicembre 2019

#8 Liceo Classico "Nicola Spedalieri" di Catania, 16 gennaio 2020

#9 Assemblea annuale COPE, 1 maggio 2022

#10 CInAP, Università degli Studi di Catania, 14 giugno 2022

#11 Cinemino Polifemo, 25 agosto 2022

#12 ITC Fabio Besta di Catania, 21 gennaio 2023

 CINAPforum 2018

28 giugno - 11 luglio 

Cortile dell’ex Accademia di Belle Arti, via Antonino Di Sangiuliano 257

Vedi il Bollettino d'Ateneo.

Isola Lachea. Cinema in mezzo al mare

6-26 settembre #CineCiclopi

Il cinema, a partire dalla sua invenzione, è stato un mezzo per scoprire luoghi nuovi, per esplorare mondi lontani, sconosciuti allo sguardo degli spettatori. Le vedute hanno così assunto la funzione rivelatrice di paesaggi spesso ignoti, perché fisicamente distanti dagli spettatori o soltanto perché visti con uno sguardo diverso, quello della macchina che registra le immagini, le inquadra, le seleziona, le conserva a futura memoria. Il medium cinematografico ha avuto la capacità di interporsi tra la realtà e lo sguardo diretto del fruitore, di tentare una ricomposizione dei singoli dati reali e tradurli dapprima in visioni e poi in racconti.

Per questo, abbiamo scelto di proporre un percorso di cinema documentario. Primi passi di un tragitto ideale del cinema, non compiuto né definitivo. Che cos'è il cinema documentario? Dove nascono le idee per una rappresentazione audiovisiva? E come ciò che viene raffigurato dialoga con l'idea iniziale di un autore, sceneggiatore o regista?

Siamo partiti da queste domande, per sviluppare un programma composto di tre incontri, durante i quali si progredirà in senso inverso, dal documentario finito, ufficiale, distribuito nelle sale o approdato ai festival, a progetti ancora aperti di rappresentazione, a sogni di documentari non ancora compiuti. Frammenti di realtà, che emanano luce, registrati su un supporto organico, la pellicola, o elettronico, il video, e lì mantenuti alla memoria per decenni, per un secolo abbondante.

Così anche la sala di proiezione, questo strano set buio che incuba visioni, assume in questo caso un significato importante: l'isola Lachea è di per sé un luogo esotico un monumento naturale a pochi metri dalla costa, frutto di un’antica attività vulcanica intrusiva sottomarina, di rara bellezza e dal fascino mitologico. Il Cutgana, ente gestore della riserva naturale, sceglie di valorizzarla stavolta mettendo insieme escursioni e visioni, natura e cultura.

Leggi la nota del Cutgana

Leggi l'Agenda UNICT

Guarda il video e la fotografia della location

Etna Film Fest

26-27 agosto 2017, Palazzo Pulvirenti, Pedara

L'ascesa è quella di Epstein sul vulcano, con l'attrezzatura di ripresa e con il suo fidato operatore Guichard («girava una dissolvenza incrociata della quale nessuno, credo, poté immaginare il valore»). L'uomo incontra la potenza della natura e il suo sguardo si fa uno con questa immane energia: le rocce crepate, il fiume di fuoco che avanza, gli alberi che si infiammano, i muli spaventati trattenuti dai mulattieri per le narici, i rombi e i boati, i silenzi. Tutta questa forza diviene sguardo prima e poi visione registrata, da proiettare, da raccontare, da condividere. La rappresentazione del mondo è data da una costruzione narrativa di inquadrature, di scene, di azioni riprese nel loro svolgersi attraverso il tempo/movimento. Questa è l'ascesa del cinema.

La discesa è data da un'esperienza casuale: nell'albergo dove alloggia Epstein si guasta l'ascensore. Quindi il regista è costretto ad avviarsi lungo le scale dell'hotel, che sono ornate alle pareti con una serie di specchi. Il movimento della sua discesa viene cosi spezzettato e ripetuto da infinite riflessioni, parziali, ridondanti, che gli fanno pensare a come il cinema funzioni: «Per scendere, dovetti prendere la scala principale. [...] Quell'immensa spirale di scalini dava le vertigini. Tutte le pareti erano ricoperte di specchi. Scendevo circondato da tanti me stesso, da riflessi, dalle immagini dei miei gesti, da proiezioni cinematografiche […]. Ogni curva mi sorprendeva da un punto di vista differente. Esistono tante posizioni diverse e autonome tra un profilo e un tre quarti di spalle quante lacrime in un occhio. Ognuna di quelle immagini viveva un solo istante, appena il tempo di vederla e si era persa di vista, già diversa. La mia memoria ne fissava solo una nel loro numero infinito, perdendone poi due su tre. E c'erano le immagini delle immagini […]. Guardando prima l'una e poi l'altra, cominciavo ad aver una diversa consapevolezza del mio rilievo. Prospettive parallele si rispondevano esattamente, si ripercuotevano, si rinforzavano, si spegnevano come un'eco, a una velocità molto superiore rispetto ai fenomeni acustici. Dei piccoli gesti diventavano enormi, così come nel Paradiso delle Latomie, le parole sussurrate all'Orecchio del Tiranno Dionigi, grazie alla sensibilità della roccia, si gonfiano e appaiono gridate a squarciagola. Quella scala era l'occhio di un altro tiranno, ancora più spione». Cosa vede nella discesa Epstein? Vede se stesso, il suo sguardo, la sua consapevolezza di regista che immagina e costruisce la sua visione, per offrirla a un pubblico. Percepisce la sua identità di autore.

CINAPforum 2017

14-25 luglio 

Cortile dell’ex Accademia di Belle Arti, via Antonino Di Sangiuliano 257

Vedi il Bollettino d'Ateneo e ascolta l'intervista su Radio Zammù

 

#VoglioStudiare

Mamadou Aliou Touré, per i tre mesi che ha studiato al Cpia Catania Uno, è stato un alunno modello. Sempre presente, mai in ritardo, ha creduto che la scuola fosse la sua opportunità di riscatto e l'ha sfruttata appieno.
Ha creduto nell'accoglienza italiana, che gli ha dapprima riservato – come minore non accompagnato – un alloggio protetto, un vitto dignitoso e un percorso interculturale, basato sull'apprendimento dell'Italiano e su visite guidate, per conoscere la bellezza della città.
Tutto questo è durato però soltanto fino al compimento dei 18 anni. Perché a partire da quell'infausto compleanno perde lo status di minore non accompagnato e viene trasferito al CARA di Mineo. Sì, proprio in quel posto che è finito tante volte sotto inchiesta, per spaccio di droga, violenza e prostituzione.  Mamadou lì non ha accesso alla scuola. Lo sentiamo al telefono, in viva voce con i suoi compagni di classe, e lui ci dice sconsolato che nel nuovo centro può solo mangiare e dormire, perché non c'è nient'altro da fare.

Né la Comunità in cui Mamadou era ospitato, né la Prefettura si sono degnate di comunicare alla scuola dell'avvenuto trasferimento. Noi docenti lo abbiamo saputo dai coinquilini del ragazzo, dopo aver chiesto come mai fosse assente da tre giorni, proprio lui che non era mai mancato a lezione. Da quel giorno abbiamo dato il via a una campagna di informazione, che si chiama #VoglioStudiare. Abbiamo registrato brevissime clip video da parte dei compagni di Mamadou, che sono ragionamenti o saluti o semplici sorrisi, abbiamo scattato delle foto dei nostri alunni e le abbiamo accompagnate con alcune descrizioni di base: come si chiamano, da dove vengono, la loro età, da quanto tempo frequentano la scuola. Non possiamo rassegnarci a ciò che sta avvenendo e che continuerà ad avvenire. Se il Tutore di Mamadou, nominato dal Tribunale dei Minori, avesse inoltrato alla Prefettura richiesta di prolungamento della permanenza in comunità per motivi di studio, secondo la legge si sarebbe ottenuto il permesso di restare nella stessa città fino al compimento dei 21 anni. Cioè abbastanza per conseguire la licenza media. Questo non è stato fatto. Anzi questo non viene mai fatto. Nel nostro solo punto di erogazione di Via Randazzo ci sono altri sette ragazzi nelle identiche condizioni di Mamadou. Stanno per compiere 18 anni e verranno trasferiti, interrompendo così il loro percorso scolastico e di inclusione sociale che la scuola comporta per sua missione primaria. Questo non è accettabile.

I due video che seguono sono le riflessioni di Mamadou Gallè Barry sul trasferimento del suo compagno di scuola e conterraneo, perché entrambi provengono dalla Guinea Conakry. Li ritengo interessanti nella loro schiettezza e semplicità, perché centrano perfettamente la questione di fondo: i migranti non sono la somma dei loro bisogni primari. L'unica strada da percorrere è quella del dialogo interculturale. E noi, come scuola italiana, dobbiamo farcene garanti per primi. Qui puoi vedere la prima clip video. E Qui puoi vedere la seconda clip video.

Landing Solly compirà 18 anni a settembre e viene dal Senegal. Era un compagno di classe e di comunità di Mamadou Touré. Anche lui ha voluto portare la sua testimonianza, perché ciò che è successo all'amico viene percepito come profondamente ingiusto. Qui puoi vedere il suo video.

Abbas Bangura, 18 anni, viene dalla Sierra Leone: «Abbiamo bisogno di una scuola dove possiamo imparare qualcosa. Se volete aiutarci, dovete farlo con qualcosa che noi possiamo imparare. Non conosciamo nulla qui, non conosciamo la lingua, non conosciamo il lavoro, non conosciamo nessun lavoro.
Io sono venuto in questa scuola perché mi piace: io voglio fare qualcosa nella mia vita, voglio avere un lavoro migliore e mi hanno detto che per avere un lavoro migliore in Italia devo avere la licenza media». Qui puoi vedere il suo video.

Moussa Dembele, 28 anni, viene dal Mali. Da due anni viene a scuola per imparare l'italiano. Qui puoi vedere la sua foto.

Yahya Iddrisu è nato ad Akosombo, in Ghana, il 15 ottobre 1995. Da 7 mesi è ospite dello SPRAR, a Catania, e frequenta la scuola con profitto. Qui puoi vedere la sua foto.

Una persona non corrisponde alla somma dei suoi bisogni primari. «Vogliamo il pane, ma anche le rose». Le rose della bellezza, della cultura, della conoscenza, della gioia di crescere e divenire una persona migliore. Qui puoi vedere la nostra foto.

Per chi è arrivato solo ieri sulle coste italiane, «parlare non è possibile».
Sta a noi, insegnanti della scuola italiana, renderlo possibile. Sta a noi includere orgogliosamente queste persone nella nostra società europea. Qui puoi vedere il video del giovane Amadou.

Non ci fermeremo finché non sarà fatta piena chiarezza sullo status dei minori non accompagnati e non saranno rispettati pienamente tutti i loro diritti.
Non sono pacchi postali, sono persone.
Oggi parla Camara Balla, uno degli studenti a rischio trasferimento. E manda i saluti all'amico Mamadou Touré. Qui puoi vedere il suo video.

Belem Inoussou viene dal Burkina Faso e ha 27 anni. A scuola da noi da 2 anni, cerca di colmare la sua mancanza assoluta di scolarizzazione nel Paese d'origine, dove ha sempre svolto solo attività rurali.
Dalla sua situazione di partenza, i passi avanti nella conoscenza e soprattutto nell'uso della lingua italiana sono lodevoli. Adesso Belem lavora, si muove sicuro per la città e sta imparando nuove parole e concetti ogni giorno che trascorre in classe. Qui puoi vedere la sua foto.

Ieri pomeriggio, la lezione di italiano è stata un po' diversa. Ho tradotto dal napoletano il testo di questa canzone di Enzo Avitabile e ho spiegato il perché l'avesse cantata all'interno della trasmissione Gazebo.
Ho spiegato cosa fosse successo lo scorso 4 aprile, il bombardamento con il gas sarin, i bambini paralizzati e uccisi dalle neurotossine. Avevamo solo il mio iPad per guardare il video e ci siamo riuniti in cerchio, tutti stretti per guardare. Loro hanno preso i quadernoni e hanno scritto il testo, poggiandosi sulle ginocchia. Poi ho spiegato cosa fosse una ninnananna, dopo aver tentato invano la traduzione lullaby: ho dovuto fare il mimo, come se cullassi un neonato, perché proprio non ci intendevamo. Quando hanno sentito però il pezzo di Mory Kante ne hanno riconosciuto la lingua: è mandeng, mi hanno detto.
Eravamo in cerchio e sentivo che era tutto così intimo e sincero. La loro inconsapevolezza non li rende fragili. Perché hanno valori resistenti, hanno radici, hanno speranze. Sono giovani e forti e belli e luminosi. Hanno tanto da prendere e tanto da dare, ogni giorno. Oggi hanno imparato che «bambino» in napoletano si dice «criatura». Creatura perché è stata creata dall'amore. Creata da un Dio che li rassicura e li rende fiduciosi. «Nessuno è figlio di nessuno» cosa vuol dire? Che nessun bambino può essere dimenticato, perché non c'è chi lo reclama. Ogni bambino è figlio di tutti, è il figlio dell'umanità. Per questo piangiamo i bambini siriani uccisi dalle bombe sporche, perché non possiamo disconoscerli e rinnegarli, non possiamo tirarci indietro e abbandonarli all'oblio. Ci appartengono, sono nostri. Guarda il video.

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Guarda l'intera Tavola rotonda del 20 giugno, con Giancarlo Magnano San Lio, Fabio Di Naso, Angela Ghennet Lupo, Laura Corvo, Francesca Occhipinti, Antonietta Panarello e Alessandro De Filippo

Link alla pagina di «Zammù Multimedia»

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Guarda l'intera Tavola rotonda del 7 giugno, con Alessandro Callari, Giovanni Salvaggio, Giovanni Piumatti, Antonio Sichera e Alessandro De Filippo

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Interviste ad Alessandro Callari, Giovanni Salvaggio, Emiliano Tidona e Alessandro De Filippo

link alla clip audio di Radiozammù

link alla pagina del «Quotidiano di Sicilia» del 23 ottobre 2016

link alla pagina di «RagusaH24.it»